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LA TABERNA DI ROCCA CALASCIO
Ai piedi di uno dei castelli più belli e suggestivi del mondo, tra i vicoli del borgo rimasto “autentico” come era in epoca medievale, c’è una taberna, di quelle con la tradizionale volta a botte e le pareti di pietra bianca a vista, uno di quei luoghi dove a conquistarti sono l’atmosfera familiare e il profumo di cose buone.
All’interno di una grotta annessa alla Taberna di Rocca Calascio (L’Aquila) riposano decine e decine di forme di “Grana d’Abruzzo”, la sintesi casearia di una storia antica e moderna che narra di transumanza e pastorizia, tecnica e innovazione.
Nell’incantevole borgo ai piedi dell’antico castello di Ladyhawke, la Taberna di Rocca Calascio, ristorante, locanda affittacamere e bottega di prodotti tipici, conquista il palato e i sensi di viandanti e turisti che arrivano quassù, a circa 1.400 metri, per raggiungere a piedi il crinale del castello che ha fatto sognare poeti e registi.
Dopo l’escursione alla famosa Rocca che domina la Valle del Tirino e l’altopiano di Navelli, simbolo tra i simboli dell’Abruzzo montano, la Taberna è lì, con le tovagliette a quadrettoni bianchi e rossi e il profumo intenso di arrosticini alla brace, ad accogliere i passanti per una salutare quanto sfiziosa pausa di ristoro.
“Abbiamo deciso di allargare alla ristorazione la nostra attività di produzione dei formaggi in grotta nel 2011” racconta a Virtù Quotidiane il titolare Federico Faieta, figlio di Gianni Faieta, produttore di formaggi dal 1988 e soprattutto sapiente ideatore del “grana d’Abruzzo” un formaggio crudo di pecora della stessa consistenza del grana chiamato “Gran Sasso”.
Annessa alla locanda infatti c’è un’antica grotta di stagionatura dove riposano, per oltre trenta mesi, le forme del grana di puro latte di pecora, del peso di circa sedici chili ciascuna. Si tratta di un prodotto assolutamente nuovo nel panorama caseario regionale e nazionale, di nicchia, a produzione limitata, almeno per ora, stagionato nelle grotte di un territorio che è stato capitale della Transumanza, dal sapore deciso ma delicato, unico nel suo genere.
“Siamo partiti con la ristorazione proprio per dare l’opportunità ai nostri clienti di provare il Grana del Gran Sasso. All’inizio, quando i coperti erano solo trenta, il menù prevedeva taglieri di salumi e formaggi, zuppe con i ceci di Navelli e le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio – ricorda Federico – . Oggi i coperti sono più di cento e di grotte per la stagionatura dei formaggi ce ne sono altre due”.
Il menù della Taberna di Rocca Calascio, che è anche il nome dell’azienda di famiglia, si è arricchito di primi piatti, arrosticini e altre vivande, ma “il pezzo forte rimangono i nostri formaggi, a pasta morbida, semi dura e stagionati. Pecorino e grana i più richiesti dai nostri clienti che arrivano da ogni dove per degustare i nostri prodotti”.
Sono tanti i turisti del nord Europa, inglesi e tedeschi in particolare, che giungono a Calascio soprattutto in bassa stagione, a primavera in particolare e a inizio autunno. Ultimamente, come riferisce il ristoratore, si cominciano a vedere sempre più spesso turisti americani, canadesi in particolare.
Un flusso turistico che rappresenta una novità per il comune di Calascio, più marginale rispetto a Santo Stefano di Sessanio e con sole due attività ricettive e di ristorazione, oltre alle piccole e suggestive botteghe di artigiani.
È proprio questa caratteristica che, insieme al fascino ancora incontaminato della Rocca, consente di preservare quell’atmosfera pura e autentica, tipica dei piccoli borghi dell’entroterra montano d’Abruzzo, ancora lontano dal grande turismo di massa.